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Concorso Pesaro Nuovo Cinema
Buenos Aires come Manhattan: l’ironia alleniana di Gustavo Taretto, con Medianeras
Dallo Srī Lanka tre storie parallele sul dramma della guerra civile nell’opera prima Flying Fish
Medianeras, ovvero, finestre abusive sui lati di alcuni edifici urbani che non servono a niente, pareti cieche, che affacciano sul nulla. Questa è la metafora esistenziale su cui fa leva il film. L’ironia e l’autoironia dell’ex pubblicitario argentino Gustavo Taretto, fanno pensare a Woody Allen, così come Buenos Aires allude a una nuova versione di Manhattan. Non a caso il film include una sequenza del film cult del regista newyorkese e tutto l’andamento della pellicola è molto “alleniano”, con immagini metropolitane, dialoghi divertenti e momenti esilaranti. Su questo sfondo si osservano le vite dei due protagonisti, Mariana, interpretata da una seducente Pilar Lopez de Ayala, e il fragile Martin, Javier Drolas, che pur vivendo in due palazzi vicini non si sono mai incontrati. Saranno le loro paure e ossessioni ad unirli: prima una conversazione in notturna in una chat per single, tipica scena di due sconosciuti che fingono di ritrovarsi lì per caso, poi una serie di coincidenze, una poltrona abbandonata in strada da Martin e recuperata da Mariana poco dopo, un blackout e l’oscurità della notte che li rende invisibili agli occhi dell’altro. Infine, la tenerezza dei sorrisi, che come un raggio di sole, illuminano i volti di due ragazzi da sempre desiderosi di cantare in duetto come facevano Marvin Gaye e Tammy Terrell, Ain’t no Mountain High Enough per poi caricare il loro video stonato su youtube a testimonianza del loro amore.
Nel suo primo lungometraggio, un’audace ed eccitante storia che ha per titolo Flying Fish, il regista Sanjeewa Pushpakumara, proveniente da una remota provincia orientale dello Srī Lanka, dipinge uno scenario di guerra all’interno del quale vengono raccolte tre storie parallele: quella di Wasana, giovane donna di un villaggio sperduto, innamoratasi d’un soldato che l’abbandonerà dopo averla messa in cinta; la storia di una vedova di trentasette anni che instaura una relazione clandestina con un giovane ragazzo; infine la vicenda di Tamil, una ragazzina minacciata dall’organizzazione terroristica “Le Tigri di Tamil”. In comune queste tre storie hanno il desiderio di narrare storie normali in circostanze eccezionali. Ecco, quindi, che ci viene mostrato il risultato di 20 anni di orrori causati dalla violenza della guerra civile. Sorprendente, è la capacità di catturare la follia di una terra in cui la psicologia della guerra è onnipresente. “Questo è una rappresentazione della realtà che ho vissuto e che avrebbe l’ambizione di sostenere l’identità, la dignità e la libertà di ogni essere umano” afferma il regista Sanjeewa Pushpakumara.
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