LES OMBRES AQUATIQUES

Con la proiezione di Les ombres aquatiques (suo ultimo film) la Mostra ricorda Philippe Cote, cineasta francese scomparso recentemente, presente a Pesaro nel 2015 in occasione di un omaggio nella sezione Super8 a cura di Karianne Fiorini e Gianmarco Torri.

Philippe Cote a partire dal 1998 ha realizzato una trentina di film, selezionati in vari festival e sedi diverse a Parigi, nel resto della Francia e all’estero. Cineasta dall’approccio allo stesso tempo delicato e radicale, ha lavorato essenzialmente sul motivo del corpo, della materia, della luce e del colore sperimentando pratiche come il cinema senza macchina da presa e il rifilmaggio artigianale, passando per la pittura su pellicola. Negli ultimi anni il suo cinema si era orientato verso il documentario di poesia. «Per Philippe Cote, cineasta francese in attività dal 1999, il cinema si rivela come spazio dell’invenzione di se stessi e dell’altro, duttile esplorazione dei confini della soggettività e tentativo di stabilire legami. Costantemente disposta ad assumersi rischi, la sua opera si elabora e si riconfigura da un film all’altro in cerca di ciò che si manifesta nel momento in cui lo sguardo, sempre sottoposto a una trasformazione da parte di ciò che vi si imprime, si mette in movimento». [Violeta Salvatierra]

Il vero e il falso

Nel 2015 Philippe Cote ha portato i suoi film a Pesaro. In Italia, la prima e l’ultima occasione per ve- dere la sua opera, proiettata da lui stesso negli originali super8.
Chiunque fosse presente ha potuto rendersi immediatamente conto di quanto il cinema non sia una questione di formati e di costi.
A Pesaro, con l’intensità dei suoi piccoli film, Philippe Cote ha separato il falso dal vero (cinema).

Quello che la sua scomparsa ci lascia è la questione della diffusione della sua opera.
I suoi film sono sempre stati disponibili in video sul suo blog. Ma come per altri cineasti presenti a Pesaro nella sezione super8, il gesto di accompagnare e proiettare il suo cinema conteneva alcuni aspetti difficilmente riproducibili. Proiettare gli originali era dono e fiducia. La sua presenza era relazione e gesto. Il proiettore e la pellicola super8 erano la luce e la materia (e in molti casi, il suono) del suo cinema.

I suoi film sono facilmente disponibili nel listino di un grande distributore di cinema sperimentale, in video. Ma chi era presente nel 2015 sa che così non si potrà più produrre l’irripetibile.
Se il cinema di Philippe Cote deve essere visto e conosciuto, dobbiamo chiederci come.
Quali sono le condizioni in cui si può rigenerare quella disposizione e quella scoperta.
Altrimenti restano le parole di un necrologio.

E in quest’omaggio comunque commosso, non sapremo purtroppo più distinguere il falso dal vero (amore).

[Karianne Fiorini e Gianmarco Torri]

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