LO SPAZIO TRA LE COSE / THE SPACE BETWEEN THINGS

DANILO TORRE
In the backward of time
(2017, 10’)

Questo video è ispirato al genere sinfonia urbana, è una revisione di questo genere in chiave post-moderna, è classificabile come documentario. Il titolo è preso da un versetto di W. Shakespeare The Tempest, che racconta la storia di Prospero, il mago e il vero duca di Milano. Come le manipolazioni magiche di Prospero, questo video impiegherà alcuni “trucchi” cinematografici come gli spostamenti di tempo, le digressioni (flashback) e le astrazioni visive per descrivere lo sviluppo della città di Milano, attraverso i grattacieli in costruzione. Il film termina con una visione dei Sette Palazzi Celesti, un’opera monumentale di Anselm Kiefer, un détournement di un’opera d’arte tridimensionale: l’opera monumentale diventa una visione di un futuro distopico o di un ipotetico mondo parallelo.

GIOVANNI GIARETTA
The Nightshift
(2017, 7’)

Una ipnotica voce fuori campo narra un testo basato sull’esperienza personale da portiere di notte. Il turno di notte diventa una metafora per raccontare i meccanismi della percezione, soffermandosi su un particolare stato d’animo provocato dal lavorare di notte rispetto all’illusione cinematografica autogena in base alla quale si fa finta che sia giorno. Il film consiste in una raccolta di immagini e somiglianze che confondono lo sguardo, ombre di oggetti proiettate su un muro, le riprese di una telecamera a circuito chiuso, fuorvianti riflessi sulle finestre che ingannano. In questione è il rapporto fra percezione e proiezione, con riferimenti alla sospensione dell’incredulità e alla costante transizione fra la realtà fantasticata e quella vissuta.

SAMUELE SESTIERI
Matrioska
(2018, 5’)

Vagando in macchina sotto la prima neve dell’anno: la strada notturna si trasforma e si astrae, invocando paesaggi interiori e lontani. Piccolo film di montaggio che altera video girati con uno smartphone e li dissolve l’uno nell’altro: ogni immagine è come una matrioska che rivela in sé una quantità infinita di immagini nascoste.

MORGAN MENEGAZZO E MARIACHIARA PERNISA
Dagadòl
(2017, 11’)

Un invito ad abbandonarsi, a sprofondare. A disobbedire ai sensi intorpiditi dall’horror pleni, dalla bulimia visiva e dall’inquinamento immaginifico. Così Giona disobbedì a Dio e venne inghiottito da un grande pesce, un mostro marino primordiale (in ebraico dag gadòl), per poi essere vomitato. L’immagine esiste attraverso di noi e sopravvive come un relitto all’esaurirsi della nostra corporeità, in un luogo disperso e inaccessibile sotto la superficie del mare, a grandi profondità, dove il Cinema è già morto.

SALVATORE INSANA
La cognizione del calore
(2017, 12’)

Un giorno d’estate in un parco di città. Una torrida giornata. Chi non può fuggire cerca surrogati alla propria voglia di vacanza. Le spiagge si tingono di verde e il fuori scena nutre la vista. Complotti in- fantili e vedute bruciate. Inseguimenti a perdita di vista. Echi del passato, quello di un luogo carico di fantasmi. Di presenze. Quello che ora è un parco pubblico era una volta un grande ospedale psichia- trico, a Collegno, vicino Torino. Forse di fantasmi ne sono rimasti tra quei giardini. Un surplus mistico è evidente. E la cognizione del calore estremo è quella che porta ad una dimensione di alterità, di vita bruciata dalla vita stessa.

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